diario

  • Amici

    By in Blog on

    Voi amici miei siete incredibili, perché nel silenzio di questi giorni state comunicando con me attraverso le preghiere, con le vostre emozioni e con il vostro amore!

    Mi lascio cullare dagli abbracci, dai sorrisi, dal calore di tutto l’affetto che mi date!

    Benvenuta primavera, benvenuta nuova vita!

     

  • la speranza

    By in Blog on

    La speranza. Parola abusata. Sgualcita. Di quelle che a forza di dirle hanno perso il loro significato. Speranza.        Speranza.                Speranza.

    Nella vita spesso capita che gli imprevisti ci sorprendano. Nel mio caso, la malattia mi ha colto alla soglia dei 30 anni. Tutto pensi a quell’età, tranne che la vita possa sfuggirti di mano. Anzi, si ha quasi la percezione di non aver cominciato ancora  a viverla veramente. Di non averla ancora afferata. Di non essere riuscito a veder materializzarsi uno solo dei propri sogni, foss’anche l’indipendenza economica dalla propria famiglia. E invece, improvvisamente, ti tocca  affrontare un mostro molto, molto più grande. Che riduce di molto le nostre opzioni, ma che ci permette di mettere a fuoco le cose. Di posizionarle per un attimo nel giusto ordine.

    Non succede subito però. Per quanto mi riguarda, dopo aver sentito per la prima volta pronunciare la parola leucemia, il mio primo pensiero è stato il vuoto. Il secondo la confusione. Il terzo, il quarto e il quinto la paura. Una paura totalizzante, solida, elettrica e paralizzante. Soltanto dopo si inizia il viaggio. All’inizio la routine ospedaliera è fondamentale per riprendere la padronanza delle proprie azioni e il contatto con il proprio corpo. Pochi sanno che cosa è in grado di sopportare questo involucro che spesso trascuriamo. Ed è da lì, dalle prime risposte che sentiamo sotto la pelle, dalle cure che si mischiano con il nostro sangue, dalla risposta inattesa dei nostri tessuti, dei nostri organi, delle nostre ossa che comincia la riscossa della nostra anima. E’ lì che il vero motore della nostra guarigione si mette in moto. E’ lì che senti arrivare la speranza.

    Quando sei tu in prima linea a vivere tale percorso, non ti rendi conto di molte cose. Prima fra tutte quanto la speranza, l’amore delle persone a te vicine, la consapevolezza dell’essenziale aiuti il processo in atto dentro di te. Non ti vedi cambiare. Ma alla fine del viaggio ti scopri diverso. E non per forza migliore.

    Sabrina è cambiata molto da quando ci siamo conosciuti. Il suo corpo, il suo viso, i suoi occhi. Persino i suoi silenzi sono cambiati. E’ tanto doloroso quanto straordinario vedere quante risorse abbiamo dentro, tutti, tutti quanti noi. Quanto sia difficile piegare la volontà e la speranza di un essere umano determinato. Illuminato dalla speranza. Ogni tanto ci torno su, perché è sempre facile, troppo facile, dimenticare nella quotidinità.

    Ieri Sabrina si è alzata dal letto. Si è seduta vicino ad Elisa. Vi immagino guardare fuori, in una delle poche giornate di sole che ci ha riservato questo freddo aprile. La primavera è dentro di te, amica mia. Ti sta aspettando anche lei. Ti abbraccio forte.

  • la distanza

    By in Blog on

    E per la prima volta sperimento che cosa significa stare davvero dall’altra parte. Fino ad ora è come se avessi avuto l’impressione di vivere il percorso con te, rivivendo paure, dolori, speranze e gioie che avevo rimosso troppo in fretta. Ma adesso è diverso. Questa distanza obbligata, questo silenzio che parla di lenta rinascita mi è difficile da sopportare. E finalmente scopro la vita sospesa delle persone che stanno dall’altra parte del vetro. Che combattono la tua stessa battaglia, ma senza sentirne i rumori, gli ansimi, le urla. E quindi  in uno stato di perenne frustrazione, di un’assurda mancanza di punti di riferimento a cui appigliarsi. Non il proprio corpo, né le proprie sensazioni, ma solo gli occhi spaventati dell’amata o dell’amato. E’ una trincea scomoda, quella da cui si guarda la malattia. E paradossalmente molto, molto più comune…

    Tua sorella mi dice che tieni duro. Che è difficile, come non è mai stato. Che il sonno è fatica, che il cibo è fatica, che l’acqua è fatica. Ma che piano piano stai risalendo la corrente. E che oggi hai mangiato un buonissimo ghiacciolo…

    Noi siamo tutti qui fuori, ad aspettarti.

     

    …Non sono che l’anima di un pesce
    con le ali
    volato via dal mare
    per annusare le stelle…

    LINDBERGH – Ivano Fossati

  • la notte

    By in Blog on

    Le notti dentro le stanze d’ospedale avanzano più lentamente. Sembrano vive, si dilatano, muovono alla conquista delle pareti spoglie delle stanze senza che nessuno le possa fermare. Le macchine a cui sei attaccato parlano una lingua straniera, ritmica e inesorabile. La luce perenne che filtra dalle sotto le porte non allevia la marea nera che l’oscurità porta con sé. E si rimane sotto quelle lenzuola dure, dentro quelle coperte infeltrite come fanti in trincea, ad aspettare l’arrivo del nemico. A volte capita che per difenderti diventi notte tu stesso. Ti confondi. Ti mimetizzi. Lasci che prenda il sopravvento sperando di arrivare a mattina. E mattina arriva, sempre. Ma la notte inevitabilmente te la porti dietro e, a poco a poco, conquista la tua anima. La rende dura. La avvizzisce. E allora capita di vedere notte anche fuori. In pieno giorno. Notte il calore dell’amore, l’abbraccio di un fratello, la carezza di una figlia. Perché la consapevolezza della fragilità del proprio cammino diventa troppo difficile da sopportare. E guarire diventa una parola vuota.

    Dobbiamo lenire anche le ferite dell’anima, oltre che quelle del corpo. Bisogna riappropriarsi interamente della vita, questa vita restituita che a volte sembra troppo grande da gestire. Non l’ho capito da solo perché quasi niente si capisce da soli. E spesso coloro che ti mostrano la via sono le persone che più hai fatto soffrire. Luci nella tua notte. Solo grazie a loro ho trovato il coraggio e la forza di riconoscere la notte dentro di me. Di guardarla. Di andare a cercarla negli occhi di coloro che ho incontrato in questo mio viaggio a ritroso. E di essermene liberato giorno dopo giorno nel cammino insieme a Sabrina. Luce. Mia.

    Questa è una notte particolare per Sabrina. Lei che in questo cammino difficile ne ha affrontate tante, vive probabilmente la più lunga di tutte. Chissà se l’eccitazione ti lascerà dormire. O se la maledetta paura ti aspetterà al rintocco delle ore. Io ti auguro sogni lievi, amica mia.

    E che domani la tua luce possa risplendere più forte.

  • Attesa

    By in Blog on

    Sono lunghe giornate d’attesa. Per noi che stiamo fuori. Per Sabrina, che tiene duro dentro.

    La data del trapianto si avvicina, accopagnata più da un senso di liberazione piuttosto che dalla paura. Questo sentimento – ma forse sarebbe più giusto dire il terrore, il panico – lo si prova a momenti alterni tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti e tutti i secondi dal momento della scoperta del male. Tutto ciò che allevia la paura è santo. E’ pace. E’ respiro. E’ speranza. E’ cambiamento. Ed è l’apertura al cambiamento la spinta più grande per superare la malattia. La percezione di diventare altro. Non di sconfiggere qualche cosa. Non di vincere guerre o battaglie. Ma di trasformare se stessi.

    Il trapianto in questo caso altro non è che il simbolo concreto di questo cambiamento radicale. E’ un dono. E come tale va preservato e accudito. Accettato. Dal nostro corpo e dalla nostra anima. Che per fargli spazio deve neccessariamente mutare. Questa è soltanto una metafora, certo…ma nessuno sa davvero dove si fermi la metafora e dove inizi la realtà. Ma in fondo non importa dove inizi una cosa o finisca l’altra. L’importante è solo che Sabrina stia bene.

    E che sappia di non essere sola ad attendere in quella stanza.

  • TI DICO CIAO

    By in Blog on

    E’ che alla fine si danno un sacco di cose per scontate quando sei “dentro”, senza renderti conto che il mondo non sa niente di chemioterapie, reparti, aplasie, neutrofili e quant’altro. Quindi tocca fare un mini-riassunto della situazione, velocissimo ma credo essenziale. Probabilmente sarò impreciso e incompleto ma chissene…

    Sia io che Sabrina quando ci siamo ammalati di leucemia non sapevamo neanche cosa fosse la chemioterapia. Neppure come fosse fatta: se si prendesse per bocca o se fossero dei raggi strani o ancora la pozione di Asterix ed Obelix. Abbiamo scoperto che non era niente di tutto questo. Prima di tutto ci hanno messo un bel catetere venoso centrale, che è una sorta di oggetto che si infila sottopelle poco sopra il petto e fa in modo che tutte le medicine o soluzioni fisiologiche varie che bisogna assumere durante la cura, possano entrare nel tuo corpo da una via più larga e comoda piuttosto che da una piccola vena nel braccio, così tutto parte con operazione chirurgica  piccola, piccolissima, ma molto impressionante per chi la subisce anche perché vicina al cuore.  Poi inizia la cura e ti attaccano i farmaci chemioterapici che, oltre ad essere indispensabili per farti guarire, hanno una tossicità molto elevata e richiedono una continua reidratazione del corpo, in maniera tale che tu possa espellere – attraverso la pipì essenzialmente – tutte le residue tossicità di queste sostanze. A seconda dei vari cicli, la durata di queste infusioni varia dai 4 ai 7 giorni, dopodiché si aspetta. Cosa?! Che la chemio faccia effetto e ti azzeri il midollo, si entra quindi lentamente in aplasia, cioè in una condizione caratterizzata dall’assenza di globuli bianchi. Senza di essi vengono a mancare le difese immunitarie essenziali: ecco perché si è costretti a sottoporsi a questa cura all’interno di stanze protette, in isolamento, potendo ricevere solo le due o tre persone scelte al momento del ricovero, le più vicine, le uniche visite al giorno, a parte infermieri e medici. Ci si trova esiliati dalla propria vita  in un regime di strettissimo controllo. Senza il midollo siamo completamente sguarniti da eventuali attacchi di infezioni – un banale raffreddore può diventare un grave problema – e per evitare rischi si è costretti a queste devastanti limitazioni, le poche persone che vedi hanno camice, mascherina e cuffia…sono mascherate e non possono toccarti, l’unico contatto è attraverso lo sguardo…del quale si può riscoprire  infinite volte la forza e la potenza.

    Questo è l’universo di cui stiamo parlando. Queste stanze. Queste giornate interminabili e piene di fantasmi. Questi continui prelievi, somministrazioni di antibiotici, sterilizzazioni. Paure…ma anche e soprattutto speranza.

    Sabrina di questi cicli ne ha affrontati molti. Sabrina è stanca. Perché ogni volta che questi farmaci ti entrano dentro si mangiano un po’ della tua anima oltre che del tuo corpo. Ora è arrivata all’ultimo ciclo, quello che viene chiamato trattamento pre-trapianto. Una chemioterapia con farmaci diversi da quelli che ha fatto fin’ora, in dosi massicce ed incazzate. Oggi era molto, molto stanca. Di una bellezza sfinita.

    Ma Sabrina ha un’obiettivo: il trapianto. Un giorno della prossima settimana un uomo in un’altro posto nel mondo si farà prelevare una sacca  contenente tante arzillissime cellule staminali, partirà un aereo che atterrerà in Italia e lo stesso giorno quelle meravigliose cellule staminali verranno re-infuse nel corpo di Sabrina.

    Oggi quindi ci siamo salutati, poiché nei giorni precedenti al trapianto è bene essere prudenti e selezionare ulteriormente le visite. Lei ha bisogno dei suoi angeli custodi vicino. Io, noi, tifiamo da un po’ più lontano. Allora mi ha salutato: “Ti dico ciao – mi ha detto – e ti dico che ci parliamo bene, BENE, quando sarò tutta nuova”. L’ ho salutata anch’io, dicendole che le volevo bene e ci siamo un po’ commossi.

    Io lo so che andrà tutto bene.

  • sabrina

    By in Blog on

    Cari amici che sarete con noi in questo viaggio di luce e di speranza, benvenuti!!!
    Lucio, amico mio, questo blog si apre con le parole più vere e più splendide che potevi dedicarmi e io ti dico Grazie!
    Grazie per essere riuscito con grande delicatezza e sensibilità a farmi raccontare chi era Sabrina e chi è diventata oggi, dopo 7 mesi di malattia!
    La rabbia e l’aggressività dei primi mesi hanno lasciato il posto alla speranza e alla gioia di una vita che potrà rinascere dopo il trapianto, la mia vita!
    Sabrina

    “Cammino al di sopra delle nuvole…
    Le voci del mondo ammutoliscono nel loro splendore…
    Dietro di me il frullo d’ali degli angeli, davanti a me la luce…come in un sogno, così vicino alla libertà”.
    – Micheal Adolph –

  • lucio

    By in Blog on

    Oggi avevi una forza luminosa. Sembrava che la vita risuonasse dentro il tuo corpo magro, riparato sotto la coperta verde. C’era anche il sole, e come tu mi insegni, non è mai un caso.
    Ogni giorno mi sembra di imparare un piccolo pezzo da te ed oggi mi hai insegnato la fede. E pur non appartenendomi, le tue parole avevano il respiro assoluto della certezza. “Lo sai in che settimana siamo? – mi hai chiesto – Questa è la Settimana Santa. Non è un caso. Niente è un caso, ne sono sempre più sicura”.
    Il nostro percorso ha ribaltato equilibri e sentimenti. Sembrano distanti i momenti in cui eri tu a chiedermi quale sarebbe stato il futuro, quali sofferenze avresti dovuto affrontare, quali ostacoli superare. Adesso sei tu a guidarmi nell’ignoto e lo fai con voce asciutta e animo saldo. Con una calma che a volte mi sembra sfiorare la santità. Quando hai accettato di condividere il tuo percorso insieme a me ho capito che eri una donna straordinaria e coraggiosa. Non avevo capito quanto. Quello che mi consola è che nemmeno tu lo sapevi.
    E adesso eccoci qui. Primavera 2013. Tu, insieme ai tuoi angeli custodi, in terra e in cielo, ad affrontare il momento più importante della tua vita ed io vicino a te. Ad accompagnarti. A sostenerti. A imparare. A guarire.
    Animo Sabrina. Saranno giorni lunghi ma presto ne sorrideremo.

    “E se anche sapessi che domani finisce il mondo oggi stesso pianterei il mio alberello di mele” MLK